(Scrivo vorticosamente sulla Veg-Agenda mentre mi faccio un tisanino digestivo che si chiama Protect & Power, brividi lungo la schiena leggendo come si nasconde una mia amica dietro i suoi racconti polinesiani poi una sessione di stretching del collo rincarcagnato in tonalità across the universe -mi dicono che sto gobba in questo periodo, sarà perché mi sto appesantendo di ciccia e sentimenti?-, si scatena la guerra in casa tra i tifosi di Londra e quelli di New York, le donne sono per NY, gli uomini -il babbo e il Gianni, per Londra, chissà perché. Il Gianni mi telefona in coffee-break dal lavoro e mi dice che se mi garba Niuiorche mi deve garbà il football americano, quel branco di maiali che corrono dietro a una zucca). Da oggi Repulisti dello spirito, e di contro, sempre più voluttà nel corpo, in un susseguirsi di yin e yang (li ho scovati facilmente anche nella messa!), la sento germogliare, ho mangiato tanto riso integrale con tanto olio, aglio e peperoncino, mi sento bene, il piccante mi spurga la tosse, vivifica il sangue, la mamma può tranquillamente occuparsi dell’altra figlia, che è diventata una donnetta tanto tignosa per la casa, alle prese con le mensole e che passerà il pomeriggio ad arrovellarsi il cervello all’ikea. Io sarò ancora impulsiva, passionale, graffiante, nelle relazioni con l’Altro, con me stessa, per gli acquisti e le idee, tra dieci anni, per la felicità degli uomini che detestano lo shopping, lo so, è il mio carattere, anche se lo sto temperando, non sarò mai una moderata. Svaligerò supermercati. Ho messo tanto zucchero nel caffè, se no, ho detto al babbo, quando arriva questo nipotino. Poi però lo devi accudire per bene, crescere per bene, mi fa, e io gli ho detto no lo lascio tutto il tempo al nonno e alla nonna. Ha! Ha! Mi scrive anche Roberto, ma m’ha bell’e divertito, non mi va neanche di rispondergli, è un bambino, mi do la crema per le mani alle rose e penso a come scrivere che ieri sera è stata un’uscita fantastica, occhi stanchi ma a forma di cuore, ovviamente non ho bevuto nulla, si doveva andare a ballare no, poi s’è cambiato per il Karaoke, ma dopo aver ripassato tre locali con dei buffet di cui non mi potevo abbuffare di nulla perché non c’era fogliame né grani (un po’ di biada per questa cavalla pazza! please!), lui mi ha diretta verso la sala rialzata di una pizzeria di lusso, a un tavolino riservato al nostro chiacchiericcio fitto e ai nostri sguardi, aprendomi le porte e aiutandomi a togliere il piumino, come un vero gentiluomo d’altri tempi. Sono praticamente locata in linea d’aria sotto Roberto, gli volevo quasi suonare e dirgli guarda scendi un attimo e cucù, ma naturalmente non l’ho fatto. Però l’ho pensato. Sono terribile. In partenza, quando siamo saliti in macchina ha tirato fuori dal cruscotto due fogli con stampato il testo di Singing in the rain, da cantare insieme, con questo tempo, ha detto. Ho detto pensa a guidare, non a leggere le parole te, però. Non sono mezza pazza sono solo un’inguaribile romantica, se penso che è stata la cosa più dolce del mondo. In pizzeria, senta, ci porta un quartino d’acqua gassata, per favore, e abbiamo parlato con la bocca piena, io ho scansato le olive, lui ha ripiegato la pizza a metà per far fondere la bufala, ho detto che io mangerò la pizza strana, partendo dal cornicione a cerchi concentrici dal fuori verso il centro, ma come la mangia strana lui, non si era mai visto, quando lui s’è infilato in bagno a darsi una sciacquata alle mani io sono sgattaiolata fuori a farmi due tiri di sigaretta vera di nascosto e poi ho cercato di mimetizzarla nella siepe. Gli dico che sto cominciando a parlare in campagnolo come lui, e che
per contagio anche la mia famiglia sta assimilando questo buffo intercalare. Mi ha riaccompagnata in macchina verso le undici, e prima di uscire mi giro all’improvviso e lo bacio, lui si passa i miei capelli fra le mani, che bacio, questo ha più calorie della pizza….Porto fuori il cane che starnutisce quando mi sfiora da dietro i pantaloni, ripenso a quando finiamo per parlare del castagnaccio a forma di cuore che gli ho fatto e che non è venuto buono come quello che ho fatto ieri al babbo e che la sorella del Gianni ha commentato con un madonna come gliè romantica. Vuole dire che gli ha parlato di me, bene, rido come una scema con le cuffie e l’ombrello che mi sgocciola sugli stivali di lana tumidi canticchiando For you blue. Per salutarlo me ne esco ancora con quella storia della Valchiria, posso essere la tua Valchiria? L’ho dovuto raccontare al mondo (…she’s telling all the world), che questa volta m’ha risposto, e m’ha risposto Sì. Poi ha detto che si va a vede nientemeno che quel film che si chiama Amour, di Trintingant, mica Balle spaziali si va a vedere, che è tanto che non va al cinema, che non gli è mai saltato in mente di andarci se non con me. Forse sono bruttina, ma sono sempre stata uno stimolo, per gli uomini, a fare, ad agire, forse anche a realizzarsi. Comunque, sono una che alla messa si mette sempre in fondo. Il prete, con vari voli pindarici, predica delle tante stagioni che passiamo nella vita, io penso, prendendo appunti mentali accanto a due filippine in fuga, che è sempre la stagione dell’amore. Non so dove andrò, ma mai dimentica del passato, so da dove provengo, ed è come un faro che nel buio irradia una luce profonda che guarda lontano. (E voi che preferite, Londra o New York?)
Dimmi tutto!