Domenica mattina, era sobria ma inquieta, aveva passato la notte insonne, si era svegliata tardi ed era andata ad accompagnare il babbo alla farmacia a comprare il fluimucil per raschiare via dalla gola la brutta tosse secca che attanagliava entrambi, avevano fatto colazione con la brioche e il cappuccino e di ritorno a casa si era subito messa a preparare l’arista per il rialto con la vicina di casa, aveva tritato il ramerino con l’aglio, fatto la salamoia col sale e il pepe, praticato incisioni e lardellato il pezzo di lombo di maiale, massaggiato con cura la carne con il trito e messa in forno, poi avevano pelato le patate, tagliate a cubotti, lavato i rapini, messi a sbollentare nella pentola e poi accomodati a diacere nella padella con quattro spicchietti d’aglio, l’olio e il peperoncino, pronti per essere saltati all’ultimo momento. Era inquieta ma si stava divertendo a eseguire le istruzioni del babbo, lui era lo chef e lei la manodopera e sentirsi utile e indaffarata le faceva bene al cuore, cucinare era una delle pochissime attività nelle quali potesse perdersi, perdere le mattinate, fumare a brevi intervalli quando ogni piccolo compito terminava, osservando con ansia i succhi della carne che si mescolavano all’olio nella teglia che raccoglieva con il cucchiaio e riversava sopra per far formare la crosticina intorno, mancavano ancora due ore di cottura e l’arrosto sarebbe saltato fuori dal forno contornato dalle patate preciso per l’ora di pranzo, avrebbero tutti insieme commentato il duro lavoro di una mattinata separando la lonza dall’osso, per servirla a fette spesse, le rodeva che il frutto del suo olio di gomito finisse nello stomaco della vicina insopportabile, ma il babbo aveva insistito tanto per invitarla, le rodeva che lui volesse condividere l’arista con un’estranea a quel piccolo nucleo intimo composto da lei,lui e il cane e qualche mosca attratta dal calore del forno, avrebbe voluto gridarglielo in faccia, sbattendole la porta del forno sugli stinchi, che non la sopportava, che non gliene fregava niente di fare da mangiare per lei, eppure ci aveva messo l’amore lo stesso, per far contento il babbo, era così desideroso di far bella figura, e far contento lui era uno di quegli impegni vitali che-probabilmente sbagliando- si era presa fin da piccola, se lui non era felice, lei non aveva una vita propria, avrebbe potuto benissimo infilarci anche la testa, in quel forno.
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la piccola Estia al lavoro…
non deve farsi prendere da Giunoniche gelosie…
No, no…non va bene!
(brava! Ben scritto. Ben architettato. Brava bambina!)