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10 modi di morire (n.1)

Non intendeva farlo davvero, davvero, non intendeva sparire per più di cinque secondi, eppure il suo scherzo era stato capito male, era stato frainteso, e l’acqua aveva preso a giocare pericolosamente con lei stordendola prima del previsto, prima che potesse liberarsi e spiegarsi. Forse era quello che voleva. Non ho niente da perdere. Era riemersa solo dopo pochi attimi, ma aveva già perso i sensi due volte, quando l’acqua le era scesa nei polmoni, e quando, trasportata dolcemente dai lievi sobbalzi delle onde che si arricciavano finemente simili a larghi abbracci, aveva rabboccato aria, il suo volto era puntaggiato di strane creaturine che assomigliavano a ventri di gamberetti morti, piccoli intestini che si contorcevano dentro le orbite degli occhi come se avessere trovato la loro rete da pesca solo che quegli occhi erano umani, ed erano rimasti aperti a scrutare il proprio destino. Mi vedo morire, lo faccio per un attimo, e poi torno. Aveva inglobato acqua, e alghe, e con conati di vomito intermittenti ad apnea stava espurgando liquidi salati e fra un conato e l’altro la bocca si seccava al vento che soffiava dal mare verso le case, molto lontano dal lembo di spiaggia dove la navicella rappresa del suo corpo era attraccata, perché era rimasta sulla riva per tante ore con il viso rivolto verso il sole, e le braccia perte spalancate in segno di resa, non era una posizione che avrebbe mai assunto in vita, quando ancora aveva una vita, quando ancora pensava. Che cosa faresti se io sparissi?  E aveva davvero voluto vedere la sua faccia, da sotto il filo dell’acqua, per questo aveva lasciato gli occhi aperti, non si era nemmeno premurata di tapparsi il naso con le dita, sarebbe saltata fuori dopo quel tanto che bastava a farle girare la testa, dopo quel poco che distanzia un piccola canaglia, dove sei finita, ora vengo a prenderti  a un bastarda dove cazzo sei se esci viva ti affogo davvero, così impari a farmi prendere paura, spingendosi con i piedi contro il fondale sabbioso, sarebbe sprofondata un pochino trivellando la rena e poi con un grande sbalzo e un fragore di schizzi avrebbe gridato Buh!. Invece una raganella le si era attaccata a un piede,  al calcagno, in quel punto dell’arco del piede dove terminano tante terminazioni nervose, e un dolore fitto acuto le si era propagato a tutto il polpaccio e la coscia e le aveva fermato il fiato, la bocca stupidamente aperta per gridare ahi! ma le era uscito un rantolo di bolle, e l’acqua aveva trovato il suo canale di scolo, e l’aveva strozzata, una corrente fredda un mulinello gelido l’aveva trascinata giù aveva inghiottito fango, melma, e le parole che stava per dire. Era troppo tempo che era al mare. Era come se il mare si fosse ormai riappropriato di un pezzo di sé e poi l’avesse sputato, deluso delle sue intenzioni. Non intendeva davvero farlo, davvero. Ma quando l’aria si era fatta spazio di nuovo, nel corpo gonfio e squamoso nelle cui pieghe avevano fatto la barbetta le conchiglie, non più abituato all’ossigeno, si era supposto che avesse messo le branchie, ed era morta.

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27 commenti su “10 modi di morire (n.1)
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  1. Scusa, stavo applaudendo e non riuscivo a scrivere. Bellissimo.
    Ho voglia di tornare di nuovo a immaginarmi le cose, di farmi sfidare a parole, di completare una sfida lanciata anni fa.
    Grazie
    ps
    mi sa che troverò il modo di copiarti questa meravigliosa serie

    1. In genere quando leggo i blog evito i racconti, perché li trovo noiosi in genere, o perché sono io ad avere poca pazienza. Questo tuo racconto invece mi ha preso tantissimo, sarà per gli elementi morte, acqua, natura, che mi hanno sempre affascinato, però è scritto benissimo ed un pezzo unico: )

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