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E nel pomeriggio che fai
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Ho più d’un sogno che s’è risvegliato di pari passo col mio acquisto a rate d’un biglietto prima classe di non ritorno per la vita. Un viaggio non senza sobbalzi. Ma uno mi frulla in testa da giorni in particolare. Ho ballato sui tacchetti degli stivali sugli accordi di She Cane In Through The Bathroom, appena è iniziata Golden Slumbers con gli occhi chiusi mi sono sciolta in un abbraccio virtuale con un compagno immaginario e impacciato che mi portasse a sbattere ogni quattro passi e una giravolta lungo le pareti e l’armadio per sentire il contatto di una superficie concreta di questa terra, ho fatto la pappetta di bastoncini di crusca nel latte di soia caldo, ho assaporato con la lingua il sapore e l’odore tipico dei negozietti di nicchia di alimenti naturali, mi sono imposta di non pensare a quanto sto mangiando per recuperare ancora ciccia ma che sto mangiando bene, cose che mi fanno crescere, che crescono in me, ho rimesso a posto le alghe nella dispensa ché erano cadute tra le boccette impilate di umeboshi, ho ripensato a ieri sera e a come sono stata fiera e felice quando mi hanno fatto cenno che il babbo era comparso alle mie spalle e che aveva deciso all’ultimo di partecipare alla serata, felice di mangiare di fronte a tutti e di essere stata l’unica a finire anche il suo cornicione e che non me ne fregava nulla di essere sembrata ingorda, ho letto l’orgoglio negli occhi del babbo della Martina Stella e ho fatto la ruota del pavone quando mi ha detto che mi trovava proprio bene, sono ritornata al presente, ho fatto la lista della spesa per la prossima capatina al naturasì, ho messo indietro nel frigorifero i vasetti di yogurt che scadevano dopo anche se erano già quasi tutti scaduti-ma-io-li-ho-sempre-mangiati-lo-stesso-e-non-sono-morta-non-butto-via-nulla, ho buttato via fin troppe cose nella mia vita, cose materiali e cose affettive, ho resuscitato nella testa il complesso della mattinata perfetta della ventottenne single pensionata mantenuta, svegliarsi con la voce del babbo, passare dal caldo del pigiama al bollente della doccia, e poi prendere freddo quando esco, lavarmi la bocca impastata, ripetere trecento volte buongiorno dolcemente, portare fuori il cane facendo finta di fare un piacere al babbo quando lo faccio anche per me stessa, fumare, mangiare, smettere di mangiare solo quando sono soddisfatta, bruciarmi la lingua, alzarmi a fumare in piedi, piegarmi a digitare la password d’ingresso sul mac, rimandare la lettura della posta, attaccare i Beatles a tutto volume, fare un baccano della madonna stirandosi i capelli e vedere quando smette il rumore a che traccia del disco siamo arrivati e se è già partito Chopin, arricciarsi le sopracciglia, chiacchierare animatamente con la mamma al telefono per fissare il luogo e l’ora dell’appuntamento, scocciarsi, fissare di ritornare a fare ciò che ieri ci aveva fatto bene e che dobbiamo fare finché abbiamo del tempo per noi, prendere il cappuccino a metà mattina, lei chiaro io scuro e di soia, uscire chiudendo a doppia mandata e lasciando l’albero acceso che si veda dalla finestra tra le tende, saltare sull’autobus in corsa perché adesso posso tenere stretta la borsa in mano e mettermi a correre, ho i muscoli e le riserve per farlo, incontrare il suo sguardo di saluto e di gioia anche se è solo da ieri sera che non ci vediamo e rompere l’incanto chiedendole subito se mi ha preso le sigarette, passeggiare fianco a fianco a mia madre nel piumino finto petrolio tra i negozi addobbati a cui non possiamo accedere perché ha finito i soldi per comprarmi i tofu, sognare una vita per la famiglia, sognare anche di pulire un merdolino a un uomo, amarlo, spaventarsi e detestarlo tutto insieme prima ancora di provare, diventare di colpo un’animalessa, chiedere in continuazione conferme e se non è troppo tardi per me per diventare mamma, se con la mia malattia non avrò forse compromesso per sempre le mie possibilità non solo di sopravvivere, ma di far sopravvivere la specie. E se così fosse, in chi o in che cosa, in quali tuberi, orticelli, piatti insaponati posso veicolare tutto questo amore che per la prima volta ho da dare, senza scervellarmi a come e quanto riceverne, non è forse questo l’amore di una mamma?

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Elisabetta Pendola

SEO specialist. Specialista SEO organica appassionata di cibo, alimentazione sana, colori e buonumore.

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4 commenti

  1. Bellissimo ,mia cara Elisabetta, quell’incipit sull’acquisto a rate di un biglietto di non ritorno per la vita! E vedi quanto tu sia ora super impegnata e lo sia con le forze e capacità fisiche necessarie! Tornerà , sono certo , anche il ciclo e una vita sessuale appagante! Un bacione augurale!

    1. grazie, Lucio, io sto facendo di tutto per ritornare in forma, anche oggi a pranzo ho mangiato la pizza! si sta benissimo senza bere, sono a 25!

  2. Ranagiovanna dice:

    Oh yea

    1. yeh yeh yeh

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