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Aveva deciso di invitare la ex del babbo a cena. Era un passo grande per lei. Si ricordava vagamente di quel tipo di affetto ripensando all’infermiere di psichiatria che aveva risvegliato in lei la trepidazione d’aspettare il turno di qualcuno soltanto per vederlo lavorare da lontano, o attaccargli la flebo e dosarle meticolosamente le medicine per dormire. Comunque, non voleva pensare a quello, adesso che aveva la VeganStar non la poteva fermare più nessuno, avrebbe prodotto latte di soia,riso e mandorle in quantità industriali, da stipare nel frigorifero già pieno di verdure, tofu, e altre meraviglie vegane che relegavano l’amara fetta di salame avanzata al babbo e il tocco di pecorino sardo nell’angolino superiore accanto alla pasta verde di curry indiano. La mamma gliel’aveva messa in una busta di stoffa che portò in bilico, pericolando sui suoi stivali sul gradino dell’autobus, a casa insieme a quella di carta in cui aveva sistemato il suo pasto macrobiotico pronto da scaldare per la cena, c’erano zuppa di fiocchi d’orzo, alga kombu e miso, miglio con finocchi, riso integrale con la cipolla e fagioli corona con verdure ripassate, tutto nei vecchi contenitori di Hello Kitty che usava quando stava tanto male, quando stava per finire all’ospedale, adesso voleva dargli una nuova chance, riempiendoli di cibo vivo, condito, nutriente, benefico. E adesso avrebbe prodotto il suo latte di soia, le mancavano solo i fagioli di soia, cioè l’unico ingrediente indispensabile. Al ristorante macrobiotico si potevano portare i contenitori da casa per farseli amorevolmente riempire e portare a casa, per un familiare, per un amico, per un malato o semplicemente per la propria cena, e di questo doveva dargli atto, sebbene a un’integralista come lei non andasse giù che il venerdì cucinassero il pesce, discuteva con la mamma. Il babbo non ci avrebbe mai messo piede, e anche la mamma tradiva espressioni di disgusto sul volto mentre attaccava a bocconi minuscoli la sua porzione di riso sfatto, ma lei era estasiata dalla completezza, dall’equilibrio, dalla salubrità e dalla rilassantissima mancanza di sapore di quei piatti. Concluse il suo pranzo soddisfatta, del colloquio avuto al Sert, di se stessa, si accese tre sigarette per compensare la troppa bontà di quella giornata, e quel pomeriggio combinò un pasticcio, si infradiciò tutta aspettando d’entrare al corso di scrittura, e all’ultimo momento decise di tornare a casa, ad ascoltare i Beatles masticando prima una gomma, sbocconcellando zenzero a tocchetti glassati, sorseggiando un beverone depura-fegato all’anice stellato, cercando di tranquillizzare invano il babbo che non aveva bevuto alcol, e fissando spiritata la sua vuota e inutile VeganStar, si accorse anche che l’unica cosa che l’avrebbe cambiata, l’unica cosa che voleva fare nella vita, non era poi così tanto scrivere o ballare, era di essere ancora innamorata.

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Elisabetta Pendola

SEO specialist. Specialista SEO organica appassionata di cibo, alimentazione sana, colori e buonumore.

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7 commenti

  1. Sempre bellissimi racconti dettagliati di vita vissuta , cara Elisabetta ! E ora che hai ripreso verve e capacità ad essere allegra penso che , oltre alle buone cose che mangi , va realizzato quel desiderio..sotterraneo!!

    1. mah, chissà…ho grandi speranze…vedi ultimo post 😉

      1. Andrò a vedere , mia cara, ma secondo me è più che speranze…!!

        1. dici? oggi uno mi ha regalato dei baci in un orsetto…

          1. Certo che dico , cara.! Beh un pensiero simpatico e forse ..emblematico! Vedi??

  2. è una bella scoperta questo tuo blog

  3. speriamo succeda…
    presto!
    Condizione davvero entusiasmante!

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