Un fiore di gelsomino, gli ha levato i petali, un pistillo calvo, si è mangiucchiata il fiore! trovato per caso mentre rovistava sotto al letto in cerca di un angolino buio ritagliato tra le barelle appena rifatte, con la svogliatezza isterica di un’infermiere svegliato anzitempo, ha tanta paura, trema! un fiore di gelsomino ancora profumato residuo di qualche sporadica visita che non era stato spazzolato via dalle spazzole selvagge delle pulizie quotidiane della cooperativa. Impigliato tra l’orecchio e i capelli e un’ultimo passo di danza sulle note di Chopin, era innamorata! poverina! poverino lui, si sente risuonare da dietro la porta dello staff, lei piagnucola in un lamento strascicato una ballata per pianoforte, si sente una sirena allontanarsi a reclutare nuovi dolori, una nenia, zittitela! dentro tre pigiami scolorati come le piastrelle del pavimento senza polvere tra cui confondersi, non può svanire come una sagoma bambina di cui aver pietà, il suo corpo è ora pesante, rigido, rattrappito, le mattonelle sono dure, fredde, e lei non ha calore da irradiare intorno alla sua piccola buca, guarda che bell’uovo abbiamo qua! l’hanno trovata sotto le sbarre i suoi occhi sono grossi grumi rossi e sporgenti come se già sapesse che adesso si armeranno in cinque per venire a legarla e portarla giù. Questa volta ha stretto bene i denti, ha sputato più volte petali maciullati e ha spolpato il muscolo del Mastino, chiamano sempre lui quando c’è da legarla, si impiglia la vestaglia alle briglie dei lacci, le infilano un morso d’acciaio in bocca, e se serra le mascelle tutta la spina dorsale scricchiola come le avevano detto, che forza c’ha questa qua! sapeva che questa volta la direzione e la raccomandazione erano di non essere sedata, di vedere tutto, di sentire tutto. Sapeva che il luogo della coscienza si trasferiva altrove, durante tutto il trattamento, e chissà se sarebbe mai tornata al suo posto, o se il suo cuore l’avrebbe sfrattata, dopo secoli di mancata riscossione. Le appoggiano il batuffolo di cotone impregnato di cloroformio, oh così soffice per una pena così atroce! E che buon odore, sapeva di prato appena falciato. Le mettono un cerchio spinato brulicante di fili colorati attorno alla testa, che festa! dove ciocche di capelli sono state rasate da tre giorni, con quanta cura solleticavano i suoi lunghi capelli, si atteggiava a Regina d’Aragona e sfilava narcisa per la passerella scandita da numeri e cartelle, e lei si sentiva lusingata! perché una leggera ricrescita favorisce la conduzione. Le mani sono diventate delle escrescenze violacee che sbucano da polsini di ferro, tutti i suoni giungono bombati, la porta scorrevole dell’ascensore si chiude al di là della sua testa, qualcuno ha selezionato un piano, in molti l’hanno agguantata, ma in pochi giungono fin là giù in fondo, 1 piano, zero, -1, senza capire di quanti piani è sprofondata, si trova in un limbo più buio e nascosto della struttura, i vivi non devono vedere! e pensa a quale piano di ascensore sarebbe smontato Orfeo per scendere nell’Ade, e poi trovare un’Euridice senza volto, il cuore roso dalla curiosità, che lui faticava a non guardare, quando lei tornerà su -se torna su- farà fatica a guardare, qualcuno, tutti, a rizzare il capo per rispondere un elemosinato sì, sono cosciente, io sono E.P, ho 28 anni, mi trovo a New York, i suoi occhi sono incrociati diventati piastrine lucide che si mutano in cellule protettive del cervello, i sensi sono acuiti dalla paura, immagina l’eco del Mastino di sopra che impreca, attentissimo a non far contaminare il suo sangue da quello dei pazienti, maledetti derelitti! degenerati, perversi! fottuti pazzi! Le cade un gambo di fiore rinsecchito dall’elastico dei capelli, l’ultimo sapore che sente sulla lingua è dolciastro, come di gommapiuma per non farle fracassare i denti durante le scosse elettriche, l’unico movimento che può fare è un andirivieni del bacino spasmodico che somiglia a un amplesso osceno, appariscente, in profonda solitudine. Da dietro uno sgabbiozzo di cristallo viene abbassata una leva, e quello che la sua mente può ricordare, se mai si porta dietro qualcosa, è una splendida notte di ferragosto e un lungo bacio pieno di saliva, guarda! il crepitio di uno scintillante fuoco d’artificio!
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e rompi…..i da parte di padre!!!!:roll:
🙄
guarda che ti legge, streghetta!
betty a rileggerlo fa mozzare il fiato
grazie ma sei di parte 😉
genio da parte di madre eheheh 😆
Ti stringo forte, ciao tesoro!!!
ciao Lory amore mio!!!! <3<3<3
Credo come te che ci sia più disperazione nella vita.
La morte conduce al riposo.
Ti stringo anch’io forte forte
E’ qualcosa che impugna le viscere e ordina com-passione (cum patior). Eccellente stellina. Tornare qui dopo lunga assenza causa full immersion nel lavoro e trovare una perla così mi ha riempito la giornata. Grazie.
sono così contenta che stai bene, ero in pensiero. benedetto lavoro!
Ero incerta se commentare questo 9° racconto perché ti ho vista tutta, nella tua profonda disperazione e in tutta la drammaticità dell’evento. Aggrapparsi ad un fiore per risorgere da tutta quella follia degli altri che sentono il bisogno di deturpare in nome della salvezza.
Un bacio
Grazie, di aver commentato, per me le tue parole sono importanti. Questo e il racconto più disperato perché c’è la disperazione nella vita, prima che nella morte. Credo, boh! Ti stringo forte
Betty cara, sei favolosa, le tue parole sono così espressive… Mi dispiace solo per la vena di malinconia, ma se fa parte di te è bella anche quella! Mi sono permessa di consigliare i tu fantastico sito ad una nuova blogger, amica i una mia amica! Ti lasciò anche il suo link!
E ti abbracciò forte e vado a leggere gli altriiii!!
http://storiedivitamia.blogspot.it/
Barbara, in quest’ultimo, sono completamente io. le mie esperienze. le mie paure legate alla lunga degenza in ospedale. e non è facile ammetterlo.
Qualcuno volò sul nido del cuculo (il libro, non il film che è una ciofeca).
Una domanda – se non ti va di rispondere, non rispondere, non mi offenderò. Quanto c’è di tuo in questi racconti? In questo ultimo, in particolare.
Colmare il bocciolo – combattere il verme –
ottenere quanta rugiada gli spetta –
regalare il calore – eludere il vento –
sfuggire l’ape ladruncola
non deludere la natura grande
che l’attende proprio quel giorno –
essere un fiore, è profonda
responsabilità.
(Emily Dickinson)
quanto la amo! <3<3<3
come diceva la canzone : per fare tutto ci vuole un fiore
ci sono canzoni ci sono poesie ci sono romanzi interi girati attorno a un fiore…
Mi piace brava!
grazie Ariel
“Impigliato tra l’orecchio e i capelli e un’ultimo passo di danza sulle note di Chopin”, ah che bell’immagine 😉
brava brava Betty!!
curi – dodicirighe
Grazie 12righe!
sei davvero brava 🙂
I <3 Mic!
🙂 eh dovresti entrare nel gruppo dei microracconti su facebook
ma io ODIO FB!
Eh un peccato. E un bel gruppo. Domenica vado a Firenze alla presentazione del primo libro dei microracconti 🙂
allora ci vediamo, dai si viene con la mi mamma si piglia un caffè
Ma con immenso piacere 🙂
Mandami una mail e ti do tutti i dati
Ps ti ho mandato con un mess facebook i riferimenti di domenica 🙂
Sono sempre affascinata dal tuo modo di scrivere, Betty 🙂 Ti abbraccio forte, complimenti :*
grazie Vale TVB!