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Pensava che sarebbe stata una clamorosa figura di merda, invece si era rivelata una farsa. Tutto si era svolto in questo modo, come nel peggiore dei film americani degli equivoci e dell’imbarazzo, eppure, sembrava assurdo, la vita era a volte veramente così. Aveva fissato alle due per incontrarsi in piazza san Marco con il muratore, o era l’imbianchino, o era il restauratore, o era il pittore, e mai si sarebbe immaginata che suo padre sarebbe voluto venire ad accompagnarla fino al luogo dell’appuntamento. Gli aveva detto che avrebbe preso il caffè con la Lucilla, sempre di mezzo la doveva mettere sta Lucilla, era il bonus speciale per tutte le sue cazzate, poverina, un giorno gliel’avrebbe raccontato ridendo, lei un po’ meno sorridente, complice a sua insaputa delle sue disavventure sentimentali. Insomma suo padre parte e le fa: ti accompagno. Paonazza gli rispose che no, non importava, grazie davvero. Ma lui insisteva, con un sorriso beffardo disegnato sul volto, e lei si inventò una scusa dietro l’altra che avrebbe fatto tardi a lavoro, che l’amica era in ritardo, che a 28 anni si vergognava a presentarsi col padre, e molte altre, ma lui insisteva, insisteva, quasi a voler vedere dove sarebbe voluta arrivare con le scuse, sicuramente aveva già capito da un pezzo che c’era qualcosa sotto. Alla fine lei scoppiò a piangere, presa con le mani dentro al barattolo della marmellata, e confessò tutto, peggio che il più vigliacco d’un colpevole di una puntata della signora in giallo, si doveva incontrare con un “ragazzo”, gli disse, gli occhioni con le ciglia sfatte intrisi di lacrime, non voleva che si presentassero ufficialmente, che prendessero tutti quanti un caffè insieme allegramente, non c’era niente d’allegro in quella situazione, stava andando tutto a rotoli. Il babbo si preoccupò, allora c’è qualcosa di brutto che vuoi nascondermi, le disse, il sorriso scoparso dalle sue labbra. Ma no davvero, è che è imbarazzante, babbo, ha 15 anni più di me, gli mentì, allineando la data di nascita bene o male alla grossa con quella del suo ex, alla fine bobo l’aveva accettato, non poteva andare peggio di lui, anche se era più grande di lei, non era comunque una tragedia. E invece la tragedia avvenne, perché suo padre insisté per restare e vederlo, se era così tanto un buonuomo e non aveva niente da nascondere. Le lacrime le arrivavano alle ginocchia, ma presa dallo sconforto gli urlò in faccia che se proprio voleva seguirla, voleva controllarla, allora glielo avrebbe buttato in pasto, e si avvicinò alla panchina della piazza dov’era seduto il muratore. Ecco, questo è Vincenzo, sei contento? Era livida di rabbia con lui, con suo padre, con il mondo intero. Andatevi a prendere questo maledetto caffè! Ma noi ci conosciamo, sai. Ah sì, ciao Vincenzo, ciao Stefano, come va? Eh insomma, eh insomma dai, allora ciao eh, la Francesca? (La Francesca chi, scusa, pensò lei, l’ultima donna del babbo si ricordava fosse la vicina di casa) che cazzo, aveva l’età di suo padre, se lo poteva anche lontanamente immaginare, che si conoscevano, e attraverso la sua menzogna così tanto stuzzicata e tirata fuori a forza come la polpa succosa dalla chela d’un’aragosta, saltò fuori sardonicamente lo scheletro nell’armadio di suo padre.

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16 commenti su “L’appuntamento
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        1. è alle Fiji con un paio di amici 😀
          stanno facendo il giro del mondo in barca a vela (paga papà)
          se vuoi, magari lo puoi raggiungere a Sidney (il resto del viaggio può essere monotono…)
          un serenissimo fine settimana :-)claudine

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