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La lampadina arancione prendeva incandescenza lentamente dall’angolo della scrivania, aveva poggiato Dvorak sul lettore cd dell’Ibook, le ginocchia molli sulla sedia e il cuore che le batteva a spasmi per lo sforzo, il viso sfigurato in una smorfia di disgusto, Itunes era partito in anticipo rispetto a tutti gli altri programmi del computer, a declinarle la colonna sonora della sua ennesima sconfitta, dopo aver passato il pomeriggio ad abbuffarsi di biscotti doppi tondi ripieni di cioccolato di quelli che si trovano alla Lidl. Aveva la bocca ancora contornata dai residui di cacao e pulendosi i denti con la lingua aprì il programma di scrittura, mancavano solo poche righe e la sua ricetta creativa di dolcetto o scherzetto avrebbe fatto inorridire e sorridere tanti bambini del gruppo di halloween a cui partecipava per rendere la festa pagana un rito festoso e divertente anche nella sua città, aveva letto e visto tante volte di scenari americani e inglesi in cui il colore arancione e nero prevalevano e dominavano case e palazzi, giardini e cortili d’ogni specie, tenuti sotto controllo dai mille occhi dei lumini nei fori delle zucche, suo padre era tornato e le aveva trovato le mani nel sacco, era stato chiaro, nessuna abbuffata sarebbe stata concessa, non una, la scatola di biscotti era invece chiaramente stropicciata per terra sotto al tavolo di cucina, i patti erano stati infranti, per una, due volte chissà, ma lui non avrebbe ammesso repliche, le regole erano che lei non lo facesse mai, non una volta e tantomeno due, quando girò la chiave nella porta si sentì svenire, cercò di raffazzonare il fretta tutti i residui di briciole e le macchie di tè sulla tovaglietta, chiuse in fretta il sito di halloween e assunse un aria colpevole, ma pronta a farsi bastonare, a dare ragioni, a scusarsi, ma niente bastò a quel padre avvilito, affranto, disperato e deluso ma dalla furia centrifuga incontenibile di gettarla fuori insieme con tutti i suoi cartocci di plastica, e passò il giorno dei morti col cappottino di lana con cui se n’era andata con la coda fra le gambe, le labbra ancora sporche, i denti neri, seduta sul gradino di una casa che era stata sua.

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4 commenti su “Per i morti
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