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La tentazione di esistere Lazzaro alzati e cammina Post mortem Self

Fuori dall’ospedale
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Come mi godo la casa, babbo, non me ne faccio una ragione, scatto ad ogni pensiero, è per questo che spesso mi vedi indecisa e agitata, non mi sembra ancora vero che io sia definitivamente qui, da due mesi e più, libera di scrivere e di sbagliare. Nel senso, mi godo la Casa e basta: no  la casa-clinica e no la casa-ospedale, ma casa propria con la C maiuscola di forse-botta-di-Culo-che-sono-sopravvissuta-all’inedia, ma anche di Cavolo-me-lo-merito per quanto ogni minuto combatto e pago cara questa libertà, sublimo l’angoscia da giorni con la scrittura: ad esempio mi sono appena scritta tremila foglietti sulla bacheca di camera e sul “quaderno della scrittrice ” appunti del tipo “finché non hai finito il racconto non fumi” o non  accendi la signora in giallo non mangi non dormi non accendi nemmeno la musica devi sentire solo il suono del ticchettio dei tasti sul mac per almeno due ore consecutive poi pazienza se scrivi cavolate l’importante è non interrompere il flusso di pensiero ora che ho tempo ora che ho un luogo tutto per me a cui appartenere e che mi, ci appartiene e che devo curare come fosse la tana d’un cucciolo appena nato sotto le mie mani, anzi Grazie alle mie mani; i piatti da lavare, il tavolo da spolverare, la scrivania da rimettere a posto, i posacenere da svuotare, tutto è luogo di purificazione e creatività, di sudore e sangue da grattare via da sotto le unghie e tramutare in parole, in lettere, in frasi e virgolettature, in dialoghi e monologhi nella corsa a non perdere  più il tempo che mi rimane per diventare il mio, il tuo capolavoro, ora che l’ospedale è un luogo lontano e remoto del mio cervello e il prisma delle sue im-possibilità e delle sue regole mi ha lasciato un marchio è vero, ma anche tanti insegnamenti,  farò in modo che non sia stato tempo perso ma tutto prezioso materiale da scrivere, dei bianchi lenzuoli che sanno di disinfettante in cui ho dormito , delle docce fredde in fondo al corridoio in cui ho pianto disperata la mattina alle sette, della sala fumo con la televisione sempre accesa su un canale deciso dagli infermieri per farci scorgere un barlume di vita al di fuori del reparto, vissuo come una morta ambulante in carrozzina per quasi un anno, non c’era più un Fuori se non attraverso Voi, c’era solo un Dentro, ora no, c’è tanto Fuori e tanto privato Dentro di me e dietro queste mura ora che posso scegliere il canale neanche la guardo la televisione, la mia stanza sa di vaniglia, un profumo che ho scelto io, che sia dolce, come le mie curve, come la piegatura dei jeans quando cammino sculettando di nuovo perché ho di nuovo un sedere, e non due fosse delle marianne a grotteschizzare la mia andatura. Sono libera, sciolta, corro, felice, nel vento e nella pioggia d’ottobre, e ho già 28 anni ma forse ancora qualche speranza. Ti voglio bene.

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Elisabetta Pendola

SEO specialist. Specialista SEO organica appassionata di cibo, alimentazione sana, colori e buonumore.

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2 commenti

  1. sei forte sai?

  2. Milla dice:

    Forse? Qualche?
    Ce l’hai eccome baby 🙂

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