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Jaele è piena di desideri

Jaele avrebbe dovuto scrivere il suo terzo racconto per giovedì, e oggi il babbo sarebbe venuto alle 14 apposta per cominciarlo, quello era il suo compito, al di là di mangiare e rimettersi in forze. Oggi di nuovo le avevano negato la sua mela per colazione, maledette regole, lei non lo faceva per manipolare gli altri, ma perché aveva paura! Paura di tutto il resto, paura di stare chiusa lì dentro, e si sentiva così terribilmente sola, che la sua mente non pensava ad altro. Aveva bisogno di coccole, di tante coccole, l’orzo con lo zucchero l’aveva già messa in paranoia, e non riusciva a pensare ad altro e a quanto bastarda fosse la sua malattia. In più i discorsi della signora accanto al suo letto la mettevano orribilmente a disagio, la lasciavano sfiancata; quella si era fatta anche spostare di letto per non sentire il rumore del cibo che artificialmente la notte le infondevano nel braccio attraverso una pompa che errivava al cuore tramite catetere infilato/infibulato nel braccio. Non riusciva a pensare ad altro, Jaele, qui e fuori, la sua mente era pervasa dall’ambivalenza vita-morte. Ma no, non voleva più tornare come prima, voleva essere disperatamente normale, voleva ricevere visite normali, voleva essere trattata solo dignitosamente, e trattare dignitosamente gli altri. Voleva dire basta ai giochetti, e poi voleva le sigarette, tante maledettissime sigarette. Alla fine non sapeva neanche più cosa volere, troppe cose tutte insieme, troppa vita, troppo sole, troppo rispetto, troppo talento, MAI PIù COMPASSIONE.

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