Jaele era ricoverata da un giorno, e le sue lacrime non si frenavano. Non poteva più avere ciò che voleva. Aveva bisogno di regole, le dissero, in buono e in cattivo modo. Il cattivo era il più terribile, la faceva sentire frustrata, presa in giro, impotente di fronte a un’autorità per una volta più forte della sua. In reparto dormivano tutti, si chiedeva come facessero a dormire e a non finire ancora più pazzi di come erano arrivati. Parlare era impossibile, percepire amore, ancora di più, si sentiva chiusa, sola, e disperata. E questo era quello che ci voleva, le ripetevano all’infinito. Ma Jaele era impaziente, voleva urlare, uscire, e vivere. Mangiò due mele e tre pesche, e fumò quelle mezze cicche che le rifilavano una volta ogni morte di papa. Non era abbastanza, niente era mai abbastanza per lei.
Jaele 2° giorno0 (0)
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