Ma che bella sorpresa che la solita vecchia storia, così patetica, avesse colpito anche lei. Incredibile che non se ne fosse accorta prima di finire come la protagonista isterica di un brutto film di Ozpetek, era così evidente, per troppo tempo aveva creduto suo marito così pigro e diverso da tutti gli altri uomini che aveva conosciuto, che faceva troppa tenerezza per maltrattarlo, come si diceva facessero tutte le sue amiche sposate, e quanti pomeriggi a turno, a tenere i bambini, a grandi gesti scurrili e andando avanti pomeriggi interi invitandosi a vicenda, con parole e disappunti di scenari e trame oscene, spunto di pettegolezzo e fantasie, e anche sogni e disillusioni, davanti a una bottiglia di prosecco, e lei che taceva, guardava al di fuori in giardino i bambini di tutte giocare insieme, e la piccola bimba di Nora che rimaneva in disparte, con la pipì tra le gambe e nessuno che si alzasse e andasse a pulirla perché tutte si sentivano come se se la stessero facendo nelle mutande anche loro dalle risate e che tutti si sarebbero puliti e lavati le coscienze una volta rinchiuse dentro le loro case, le loro gabbie, che quando si innervosiva era così facile darsi un contegno respirare a fondo e aspettare aspettare senza rivolgere mai uno sguardo a nessuna, erano tutte ipotetiche, mentre qualcuna le rivolgeva una domanda, Betty, sei dei nostri? e simulando improvvisamente un forte mal di testa, quando anche l’ultima delle galline aveva lasciato il campo vuoto a quel grande silenzio che era la casa tra le quattro e le otto, messi i bambini di fronte al sussidiario sulle sedie alte attorno al tavolo di cucina, ripuliva i bicchieri vuoti, aspettava Tommaso come la più grande vittoria della sua vita, non aveva mai pensato, nemmeno per un secondo, di non meritarselo , gli cingeva le spalle forti perché il lavoro, così diceva, era andato male e quella sera sarebbe dovuto uscire di nuovo per lo straordinario. Il lavoro! E pensare che la cosa che più le piaceva in quegli ultimi giorni in cui Tommaso si era assentato la sera era l’eterea sensazione di fluttuare sopra ogni cosa, sopra la fragilità degli oggetti, inattaccabile da sentimenti umani, osservando tutto come una testimone imparziale. Le pentole, i rubinetti e le piante e i bambini erano come di carta senza la sua presenza, come se l’aria non si muovesse più, e non ululasse più vento per la tromba delle scale, un po’ come quello che si prova prima di svenire (quando non si fa finta). Le sue amiche sapevano, e nemmeno dopo cinque o sei bicchierini avevano aperto il becco su quella questione, avevano toccato l’argomento, puntato un indice contro qualcuno, avevano solo detto questi stronzi degli uomini. Anche Lei si era schierata, proprio lei, una di loro.
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Bellissima!! La forma più poetica e sublime per suscitare i sensi di colpa.