Avevano tutta l’aria di essere fratello e sorella, alcune ciocche del suo caschetto bruno acconciato come un piccolo fab4 gli ricadevano sugli occhi spalancati nel buio e che esaminavano ogni pulviscolo d’aria all’altezza in cui cominciavano quelli neri e dritti di lei anche dopo una corsa giù per le scale. Lei era solo una spanna più bassa, e, nonostante le gambe fossero più corte e grasse, sembrava molto meno stanca, molto meno nervosa. Avevano uno zaino in spalla pesantissimo e maniche di vestiti fuoruscivano dalla cernera aperta come braccia di manichini penzolanti, la prese per la mano all’improvviso, i riflessi abituati a schivare gli sguardi, le scrocchiarono tutte le dita come inserite in un tritacarne, gridò ahia! e per un soffio non cadde all’indietro travolta da un marciapiede, e un’auto sfrecciò via velocissima senza che si potesse vedere che se c’era un uomo al volante, o una donna sola, attenta quando attraversi! Stupida! Devi stare attenta, sei una sventata! La strattonò più volte all’indietro, gli era facile arrabbiarsi per un pericolo scampato, quando ogni cosa dovrebbe essere bella e si dovrebbe gridare di sollievo, e abbracciarsi, e baciarsi, ma la preoccupazione si trasformava quasi sempre in rabbia, si ricordava della mamma, dello schiaffo che aveva ricevuto e della guancia molle e rossa per ore quando si era versata la varichina nel boccale e faceva finta di bere la birra schiumosa del babbo, avrebbe preso un ceffone comunque, non voleva sentirsi tirare da una parte e sentirsele mandare a dire, né tantomeno voleva restare viva per mano di altri, si sentiva elettrizzata dall’andare incontro al proprio destino, elettrizzata affondando ogni passo nella notte più fonda mano a mano che si allontanavano da casa, in una pozza di tempo dilatato i cui si poteva vagare regalmente come giullari dela strada, al cospetto della luna e delle insegne del supermercato che erano rotte e brillavano a metà, e pensava che sarebbe stato bello se fosse stato natale, perché a natale riaccomodavano tutto, si sarebbero nascosti per qualche ora nel reparto panificazione, che sapevano essere in funzione già da quell’ora, anche se tutto era buio, e non si sentiva l’odore della lievitazione dalle fessure che sfiatavano dal muro laterale, forse erano arrivati troppo presto? erano sicuri che fossero almeno le quattro, perché la mamma doveva essere bene addormentata, avevano voluto accertarsi di sentire il sibilo storpiato che emetteva la bocca nel sonno profondo, e la mamma non andava mai a letto prima delle tre, perché nessuno la aiutava a rimettere a posto,e voleva sempre che i bambini si svegliassero in una casa così pulita che invogliasse a mettere di nuovo tutto a soqquadro. Se anche si fossero infarinati i pantaloni, poco importava perché da quel giorno sarebbero stati liberi, e se qualcuno li avesse fermati e gli avesse chiesto qualche cosa, che ci fate voi due soli, dov’è la vostra mamma! avrebbero detto che erano stati abbandonati, e qualunque giudice li avrebbe tolti a quei genitori. Anche se loro questo non lo potevano sapere. Non aveva ancora impresso nella mente cosa fosse il senso di resposabilità, ma sentiva che aveva preso le redini della loro piccola famiglia, si ricordava del babbo che non avevano voluto fargli vedere all’ospedale, non perché fosse troppo malato per i bambini, ma perché era troppo triste, lei lo avrebbe seguito al di là del ponte, mettendo le caviglie grassocce sovente in fallo per seguire l’andatura veloce delle gambe più lunghe e dinoccolate del fratello, fino alla sponda brulla, fino all’ospedale in piena campagna, così silenziosa, e loro pensavano che era così bella perché i vivi volevano far scivolare giù i morti tra gli alberi, non tra le viscere di catrame, anche se la mamma gli aveva detto che il babbo sarebbe tornato presto, aveva preferito dirgli che c’era tanto lavoro, che pensava meno a loro piuttosto che dirgli che ora non pensava che a loro, e gli mandava tanti giocattoli e tante lettere e allora loro avevano dovuto progettare un piano per vedere che posto meraviglioso fosse un lavoro dove si costruivano tanti regali, se fosse come quel posto in lapponia. Non lo fare mai più! Si era sporta per vedere gli anatroccoli che dormivano sulla riva, il fiume era in piena, anche se avevano scelto una notte asciutta per fuggire da quella che lui aveva intuito essere una grande menzogna, la mamma non avrebbe frullato la cena ogni sera e infilata in un sacchetto, era così disgustoso che faceva quasi male ai piccoli dentini sentire il suono quell’apparecchio. Si tolse i capelli dalla fronte sbattendo ripetutamente le palpebre per combattere la stanchezza, mentre lei si sbracciava sul parapetto e cercò di strofinare i pantaloncini imbiancati di farina, avevano rubato due o tre baguette ancora calde da sgranocchiare lungo il cammino e le avevano spezzate tutte in due per pigiarle dentro lo zaino, ora le tirava fuori per sbriciolarne un pezzo e svegliare gli uccelli e farla contenta, la prima luce del mattino li benediceva come i loro primi amici del mattino, che potevano starnazzare augurandogli una buona sorte, un buon viaggio, staccò la mano e la vide ruzzolare giù, e morire.
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Sei davvero brava!! Bellissimo racconto!!
Un abbraccio e buona serata
Carmen
grazie Carmen! :*
Il finale mi ha lasciato senza fiato!!! Comunque anche se triste è davvero molto bello. Il fratello è dolcissimo
grazie Elenuccia mia!
Mi piace molto come scrivi! Brava:D
Un bacione cara e a presto!
grazie mille <3
tesoro, sei bravissima, applausi!!!!!
grazie tesorina!!!
sono rimasto così alla fine –> 0_0
grande betty!
curi – dodicirighe
Ma quanto sei brava Ely???!!!!
E’ un piacere leggerti….
Molto brava !
Grazie
grazie a te <3
I tuoi scritti mi ricordano la Kristoff… tanta suspance e poi uno shock! Sei bravissima, ti bascio forte forte!
accipicchia, la Kristoff, che onore!!! sono lusingata. ti baScio fortissimo anch’io tesora!
Hai mai pensato di raccogliere questi scritti in una specie di dispensa diciamo così e pubblicare con qualche servizio online, ce ne sono tanti, in modo da ampliare i tuoi lettori…. sei bravissima ma ora metti 10 modi per vivere magari anche felice…..bacioni e buona domenica.
ci sto pensando in effetti, anche se io auspico a una pubblicazione su carta, non dei racconti, di un romanzo serio che sta crescendo dentro di me… magari sarà proprio i dieci modi per vivere (felice) :-*
Un racconto intenso con un finale tristissimo ma tu sei troppo brava…vorrei saper scrivere come te!!!! Bacioni e tvbbbb,Imma
grazie tesoro! tu mi dai lezioni di pasticceria in cambio di qualche dritta sulla scrittura, facciamo così??? tvb!!!