A mio padre
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Con tanto amore alla tua lettera io ti rispondo: sei la persona meravigliosa che ho sempre idealizzato, fin da piccola, forse non sarai un esempio di forza, felicità, soddisfazione e realizzazione personale ma queste sono americanate, anche se molte volte sei triste, buio, cupo, se ti si legge negli occhi il profondo sconforto. sai anche essere felice, e io lo noto, emozionarti per le piccole cose, apprezzare tua figlia, spero benvoluta e amata nonostante la persona con cui l’hai creata adesso ti compaia addirittura negli incubi, che sta, piano piano è vero, ma… sta rifiorendo, giorno per giorno migliorando, con i TUOI consigli, e i consigli che la quotidianità stessa ci insegna, come un cactus ostile che per quanto sembri forte e pungente ha bisogno comunque di tanto amore e dedizione, c’è stato un tempo in cui tu ti dedicavi a me malata, e adesso io è tempo che prenda le mie responsabilità e le redini, perché forse d’ora in poi avrai tu bisogno di me più che io di te, ma non vergognartene mai, anzi, fai pure affidamento su di me, ché quando andremo in campagna io saprò amarti ed accudirti come forse neanche immagineresti, la forza si vede nel momento del bisogno e se hai bisogno di me, io ci sarò, anche se non avessi fatto nulla per me ma a maggior ragione a conseguenza di quello che hai sopportato vivendomi viva, malata, morta, e poi di nuovo viva, a tentoni ma coi denti digrignati a lottare per conquistarmi libertà e dignità, spesso con in tuoi propri consigli, che tengo sempre, sempre di conto. ora sei lì che guardi la partita e io sto scrivendo il mio terzo racconto in due giorni, è la mia nuova schiavitù, croce e delizia delizia al còr. La giornalista tal dei tali *** critica letteraria per un famoso quotidiano, mi ha appena scritto che mi aiuterà a pubblicare qualcosa su qualche rivista, tanto per farmi conoscere, le piaccio, le piaccio davvero, non so come ma vede – intravede- in me qualcosa di grande – e io non aspetto altro che qualcosa di grande da far esplodere, in qualche libro magari, in qualche amore, in qualche “storia”. Io non sono la “malata” della montagna incantata, ma sono forse la malata geniale, correndo con le forbici in mano affinché sia sempre meno malata e sempre più solo geniale, in ogni caso, spero di essere una figlia degna, di tutto l’amore che mi concedi ogni giorno, ogni mattina, ogni sera, della tua infinita pazienza e “santità”, e se tanto mi da tanto avrei una gran voglia di mangiare la pizza stasera, per diventare sempre più procace, sempre più attivamente incintabile, e donarti la gioia più grande del mondo, ché fin che è degli altri è un fastidio per te, ma quando sarà Tuo, un nipotino, sarà la più grande fonte d’amore che tu abbia mai provato, scommettiamo?!  e voglio che lo vizi, vizi, vizi fino allo stordimento. Ti voglio bene, babbo! Con tanto amore io ancora ti scrivo, sono qui che sto buttando giù il quarto racconto da quando ho ripreso il via dello scrivere che sta diventando la mia ennesima ossessione, ho da poco fatto la mia pausa sigaretta ma mi rimetto subito al lavoro, ho fatto voto alla madonna o a non so chi che avrei scritto quattro ore esatte ogni pomeriggio e sono già a due, lo prendo come un obbligo quotidiano, l’esercizio della scrittura, che mi è oltretutto terapeutico come sublimazione d’ogni brutto pensiero, ascoltando il Tuo/Mio Chopin poi è il massimo dell’ispirazione. Stamattina ho buttato nel cassonetto (metaforicamente) ogni idea suicida che ancora mi era rimasta per fare spazio a un’Elisabetta sempre più adulta e matura, sai che sono stata una bambina e poi una malata ma mai un’adolescente né una donna ancora, e questa parte di vita è tutta ancora da scoprire. Oggi abbiamo preso i biglietti per la Fiorentina e io ci verrò con te orgogliosissima di tifarti accanto e di condividere anche -speriamo di no- una dignitosa sconfitta  ma la cosa importante è esserci, risanata, insieme a te, questa è la mia montagna incantata, TU sei la mia montagna incantata, un uomo una roccia, in camiciola e calzettoni tirati al ginocchio, mentre spippoli col tuo Fifa 2013, vibri nell’aria la tua protezione e il tuo esserMi babbo da una stanza all’altra, ti sento fumare, ti sento cliccare col mouse, ti sento respirare, ti sento esistere, e presto ci compreremo la nostra casa in campagna, separati ma uniti da un’indissolubile nastro di complicità, con la nostra Telma a guardarci languidamente quando sorridiamo e quando facciamo facciacce di disperazione ma anche gioia vero? perché c’è anche gioia, c’è, e io non voglio più nasconderla in nome dei vecchi tempi così lunghi e così penosi  dell’ospedale psichiatrico che siamo increduli di fronte anche ai piccoli, piccolissimi progressi che sto facendo, ma sempre in avanti; io non aspetto altro che l’armadio per rendere definitiva la mia cameretta finalmente completa e sanificata, nella quale i libri staranno al posto dei libri e i vestiti al posto dei vestiti, non sparsi a saccate per il pavimento e finalmente potremo prepararci le nostre minestrine calde al freddo dell’autunno e quando compirò 28 anni potrò dire finalmente d’aver assaggiato una fetta di torta, una fetta di vita.

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Una risposta a “A mio padre
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  1. Avatar aitanblog

    Oggi, mi commuovono anche di più queste lettere a un genitore…

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