Jaele era stata contenuta e legata al letto per sedarla con una puntura dopo l’abbuffata di otto confezioni di pane e formaggio, che non le avevano permesso di vomitare. La mattina seguente era sconvolta, rintontita, disperata, vagava per i corridoi come uno zombie e neanche le due sigarette erano riuscite a calmarla. Da oggi non poteva più andare avanti così, bisognava che lei si volesse un briciolo più di bene, perché tutti gli altri non potevano lasciarla morire, glielo avrebbero impedito, a tutti i costi, anche i più brutali se necessario, e la sera precedente le avevano messo le mani addosso, fatto male per spingerla al letto con tutto lo schifo che aveva nello stomaco e che non aveva fatto in tempo a vomitare. Si sentiva uno schifo, uno straccio quella mattina, e la Patrizia non faceva altro che agitarla ancora di più e rendere l’ambiente inquietante con la sua voce che urlava lungo tutto il corridoio facendo venire il mal di testa a tutti gli altri internati. Le faceva freddo, le faceva caldo, non sapeva più di cosa o da cosa rabbrividire.
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