Jaele non si sopportava. Non riusciva a farsi aiutare dagli altri né ad aiutare se stessa, si impegnava di buoni propositi la mattina e falliva tutti i giorni. Si odiava e odiava tutti, sì, odiava tutti perché non era capace neanche ad amare se stessa un briciolino, nemmeno l’affetto dei suoi riusciva a metterla a suo agio, rifiutava ogni parola, ogni gesto d’affetto, ogni consiglio, ogni sguardo. Si vergognava di quello che era. Della lagna continua che era. Non riusciva a passare il tempo se non con i suoi metodi malati di tamponare brevemente il malessere. Niente passi avanti, niente guizzi di lucidità, il suo cervello era completamente in tilt. Serviva un guizzo di vita, un lampo, un miracolo vero, e doveva andare a procurarselo lei, era stufa di aspettarselo sempre come una pera che cade dall’albero, imbambolata e cocciuta.
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