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Jaele 2

Jaele per la prima vlta non vomitò. E si sentiva da schifo, ma diavolo, non aveva vomitato. E per la prima volta non raccontò fregnacce né agli altri, né a se stessa, e poi se ne andò in libreria l’unico posto dove potesse sentirsi a suo agio dopo la psichiatria e infine andò al cinese col babbo. Fine della storia, non c’è molto altro da dire se non che voleva vivere, disperatamente, pianse come una cretina perché aveva pensieri di vita, e non di morte, e questo la faceva piangere di dolore perché era troppo tempo che giocava col fuoco, e ora il fuoco bruciava, da pazzi. E anche la sensazione di vita bruciava, oltre allo stomaco e alla stessa Sé. Sì, Jaele bruciava di voglia di vivere e aspettare con la sua sigaretta sempre fra le mani non era poi così terribile, in fondo. Aspettava da troppo tempo che la vita le venisse incontro, e allora si rese conto che forse era anche un po’ lei, che doveva, rincorrerla, correrle addosso, con umiltà.

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