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L'inconveniente di essere nati La tentazione di esistere Post mortem Self Smembramenti

Lunedì mattina
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Di lunedì tornava sempre al centro diurno, un luogo che non era la vera e propria psichiatria, ma non era neanche la libertà, era un posto dove con la scusa di farti fare attività alternative ed intellettivamente stimolanti in realtà controllavano che tu non andassi fuori di cervello abbastanza da dover essere ricoverato di nuovo in modo coercitivo. Per lei il controllo principale era su quanto come cosa mangiasse, poi poteva fumare quanto le pareva, nella saletta al primo piano dietro l’ascensore grande in cui potevano montare anche le barelle, in caso di necessità. Fumava e faceva arteterapia, fumava e assorbiva i film del cineforum, fumava e preparava il pranzo per tutti gli altri detenuti che poi sarebbero andati a disputare la partita di calcetto del lunedì. Quante persone che aveva incontrato negli sporchi e lugubri corridoi della psichiatria generale, gente che era passata per una settimana, per qualche giorno, in alcuni casi anche per qualche mese, ma se n’era sempre andata, recuperando sempre il loro pacchettino di sigarette consegnato all’entrata – non si potevano tenere né quelle né tantomeno gli accendini, questione di sicurezza, dei matti non ti puoi mai fidare- e se ne uscivano da quella porta dove lei era entrata, ma che da troppo tempo non aveva varcato al contrario. La gente veniva, faceva i suoi casini, e tornava a casa, qualcuno veniva assegnato al centro diurno, e adesso toccava a lei, certo era passato più d’un anno e neanche era pronta, ma era il suo momento di libertà vigilata, e tutto avrebbe fatto anche mettersi a comporre poesie alla Merini su Questa Verità pur di non rimettere più piede nella gabbia smaltata arrugginita della psichiatria, i suoi farmaci se li sarebbe presi a casa, si sarebbe presa cura di se stessa, forse non avrebbe fatto gran che altro nella sua vita, se non mantenersi in vita, ed era già molto. Il mercoledì era il giorno della psicanalisi, il venerdì quello del fitwalking, il giovedì colloquio con lo psichiatra, poi corso di teatro e di scrittura, per non perdere altro tempo da sola in casa ché diventava pericoloso, per l’incolumità di tutti, lasciarla troppo a piede sciolto, ci volevano impegni continui a ricordarle che era viva, che sapeva fare qualcosa della sua esistenza, che stava tornando una persona normale anche se non lo sarebbe mai diventata del tutto, l’esser stata patologicamente insana la marchiava a vita come una tara e l’invalidità civile troneggiava lì in bella mostra sul cassetto a dimostrarlo. Anche quel lunedì si svegliò controvoglia per portare fuori il cane e fare in tempo ad arrivare al centro, stranamente non aveva voglia di farsi la doccia con il buio, aveva pensato che non sarebbe stato il caso di non asciugarsi i capelli fino in fondo come faceva sempre quando era bel tempo, finché era estate, ma adesso il freschino di settembre almeno la mattina si faceva sentire, quindi decise di rimanere sporca per provare sul campo il fatto che non sarebbe successo un disastro, una calamità naturale, se solo per un mattino non si fosse lavata  e lucidata i capelli, che tutti l’avrebbero vista uguale, che il rituale di vivere si poteva perpetuare ugualmente e non si sarebbe fermata la grande orbita attorno a una parvenza di sanità mentale che per ora con obliquo equilibrio bene o male manteneva in asse. Nessuno si sarebbe accorto che non si lavava, finché non avrebbe cominciato a puzzare, e questo non poteva accadere perché non era più un cadavere mosso soltanto dal sriscìo delle larve che si nutrono della sua decomposizione, ma da muscoli veri, sanguinanti, freschi, pieni, nutriti e scattanti. Era diventata l’esatto contrario di quello che aveva sempre voluto: una mente acutissima in un corpo sofferente, adesso era mens insana in corpore odiosamente sano. Fece colazione, si allacciò strette le scarpe, si mise una sigaretta in bocca, ed uscì svestita e asciutta nel vento, senza il rischio di beccarsi una broncopolmonite perché non si sarebbe asciugata i capelli, se li legò strettamente all’indietro in una coda di cavallo, si passò il tonico sul collo, infilò la sciarpa nera e si lasciò trainare dal cane alla volta di un nuovo giorno.

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Elisabetta Pendola

SEO specialist. Specialista SEO organica appassionata di cibo, alimentazione sana, colori e buonumore.

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4 commenti

  1. no arsenica io scrivo e basta, non divinamente, è solo un’esigenza fisica

  2. oh anche tu mi piaci, eccome!

  3. Ragazza tu mi piaci!! Sì sì… tu mi piaci!!! 😉

  4. arsenicaxxx dice:

    scrivi divinamente .davvero.

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