Ho appena fumato, bevuto un orzo caldo, masticato l’ultima gomma masticabile che mi tengo da stamattina perché me le sequestrano. La mamma è andata via dall’unica visita a lei concessa ogni tanto, con la Stefy e la madre di un paziente nuovo abbiamo giocato a Focus storia, stamattina ho fatto lo yoga, già tre nutrizioni tramite tubo nello stomaco (peg), niente vomito da nove giorni, visto un film (sai che c’è di nuovo) con madonna e un telefilm poliziesco su la7, la noia è come una valanga che mi trascina giù nella depressione più profonda e nell’inquietudine di vivere senza sputare fuori tutto il marcio che ho dentro, tenermelo e conservarmelo e accettarlo e lasciarlo scorrere indisturbato nelle vene mi consuma il cervello come la vita passata in ospedale psichiatrico dove mi logoro di regole, maleparole, autorità, psicofarmaci che stordiscono, io che stordisco e sfinisco loro e me stessa di richieste quante richieste e quante domande senza risposta o con risposte che non vorrei mai sentire, vorrei tutto e subito e la stasi si mescola in un liquido caldo che trascino lungo un corridoio lungo venti metri come una scia di lumaca infetta, sempre con lo stesso pigiama da giorni, la stessa vestaglia viola coi buchi di sigaretta, il freddo dentro le ossa, la forza che mi abbandona e si riprende, la fame continua, la voglia di masticare (sono nove giorni che non mi nutro via bocca per incompatibilità col cibo da ingerire via orale, ho troppa paura di vomitare tutto fuori e ricominciare tutto da capo), il grasso sulla pancia che aumenta, l’impotenza di fronte al mio corpo che cambia, che non si stringe più dentro di sé, che non si comprime e affila più, mano a mano che vado avanti con la nutrizione. Non vedo un raggio di sole da non mi ricordo neanche quando, le sbarre alle finestre sono come una bara di cristallo e io la tragica regina di questo patetico castello, abitato dai fantasmi della follia. Preghiamo. E’ domenica. Ridiamo. Formiamo una piccola comunità di derisi e tra noi nascono mezze parole azzardate per lo più per parlare male degli altri, di noi, di infermieri OS e dottori, medicine, a ritmo scandito e svanito tra nuvole di fumo, brevi, asmatiche, nascoste. Ma perché è un anno intero che sono chiusa qui dentro? Basta domande, questa è la vita che mi merito a quanto pare, e non sono ancora così folle da non saperlo benissimo.
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Questo è solo un pezzo di vita che passa. Una delle tante possibili. Odio la domenica, con i suoi riti, i suoi inesorabili silenzi e le sue false gioie festive. Domani lunedì, tutto scorrerà fluido e giusto.
E scriverai un altro pezzo di vita.
Finché c’è parola, c’è pensiero.
FInché c’è scrittura, c’è vita.
Non mollare mai, finché puoi, scrivi e scrivi e scrivi.