Il babbo l’aveva brutalmente definita ortoressica, per quella sua mania di cucinare e mangiare solo alimenti salutari ed etici e che facevano bene al cuore e al corpo. Si sentiva frustrata per non riuscire a convincerlo che questa sua passione non avrebbe intaccato la loro convivenza, la sua vita sociale, per quanto fino ad ora non ne avesse avuta nessuna, era proprio in concomitanza con la sua scelta di essere vegana che aveva cominciato ad aprire gli occhi, ad aprirli al mondo. Era o non era da quando si interessava di veganismo a tutto tondo che aveva conosciuto quelli della Lav per cui adesso andava a fare il volontariato in piazza? Era o non era felice di dividere i suoi pasti con lui e con le persone che le stavano intorno? Mangiava o non mangiava forse tanto? Che cosa gli importava se erano ceci, carote e frittelle di miglio? Prima mangiava sempre da sola, chiusa e barricata tra le quattro mura in un andirivieni incessante dalla cucina al bagno di ingozzamento e svuotamento che sì, la rendevano sola con la televisione accesa al massimo per non accorgersi troppo del macello che stava compiendo di altri esseri viventi e soprattutto di se stessa, ché se se ne fosse accorta, se solo si fosse guardava allo specchio mentre compieva il macabro rituale, si sarebbe fatta così schifo da versarsi addosso tutto il brodo bollente della pentola in cui cuoceva spaghetti e fusilli insieme, per velocizzare il tempo di cottura di due o più chili di pasta nell’arco di un quarto d’ora. Il babbo era andato a fare la doccia e lei stava riflettendo su queste cose, su come si potevano definire ormai “storia” e se ne compiacque, adesso era l’era del piacere di mangiare tanto e con gusto, senza vomitare una volta, dell’abbuffarsi di vitamine dicendosi che era vero, forse le sue manie sull’alimentazione non sarebbero mai cessate, ma finché le permettevano di avere una vita soddisfacente, non diceva bella, ma serena, consapevole, a tratti divertente, se fare il pane in casa la rilassava, e fare i biscotti per la colazione dell’amichetta la distoglieva dall’orrore di non essere utile a nessuno e di non far felice il padre per quello che era, una scrittrice fallita in prepensionamento con l’invalidità civile al 100% tutta sulle spalle spossate e consumate dei genitori che andavano verso la vecchiaia e anche lei non aveva più ventanni, allora poteva spaziare con la fantasia e coi fatti allungando il collo verso una se stessa e un mondo per sé migliore, ché tutto il resto del mondo non l’avrebbe potuto cambiare, non ci sarebbe mai riuscita, ma avrebbe potuto cambiare se stessa, avrebbe, scendendo a compromessi per una volta nella vita, se dio voleva, ancora potuto mettere al mondo qualcuno che tirasse le redini e facesse del futuro un posto migliore.
Dimmi tutto!