Le storie di ognuno di noi stanno sotto. Lo posso chiamare come voglio, posso impersonificarlo. Posso dargli una sigla, inventargli un jingle, confezionargli uno slogan, un motto e grido di battaglia, e un suo linguaggio, posso guardarti in questo modo, posso prenderti in questo modo, posso pensare di accettarti in questo modo, di meritarti così, e alla fine posso girarmi, e ignorarti, o schiantarmici contro, e riempirmi lo scafo di faglie che mi traghetteranno a picco, vorrò portarti giù con me, riposare tra le lastre, congelando la frase, finchè nasce un lichene senza cittadinanza lo stesso e non lo stesso di centomilaannifa! da spore rimescolate smistate lì ho acceso fuochi senza che avvampassero mai, senza la continuità della brace si spengono, e dormono, sotto altri nomi sotto le risme di carta carbone che ricapitolano e riaggiornano schede cliniche zeppe di separatori e iniziali alfabetiche e a ciascuna manca un foglio, non sempre lo stesso, la storia di ognuno che, se sopravvive alla maledizione dei titoli e dei sottotitoli, racconto io.
Dimmi tutto!