Sai quando tutto va a rotoli a scatafascio ti perdi non ti resta che marcire avvizzire verso dentro e il dentro non ha fine è lì l’infinito osservato e cercato che non viaggia a chilometri e non misura in sessantesimi ti senti già morta e l’unica cosa che ti viene di pensare e senzapensare ad altro urli al niente e pensi che ti ascolti e che non risponda sia uguale a assentire, l’ultimo remoto segno inequivocabile segnale di ascolto è che forse non risponde perché lascia pregare te senza dialoghi e dibattito, pensi e ti dondoli perquattrocento serie voglio la mamma e chiami chiami sei calamìta di ogni pathos sei parafulmine e raccolta indifferenziata ieri recalcitrante immune ignifuga e ora sei solo materia per bende voglio la mamma voglio la mamma e solo quello come nenia che l’ossessivo ripetersi un po’rimanda il senso della fine, è il preambolo all’ultimo rapprendersi di lacrima e fuoriuscire poi deglutisci e infine finisce e sei quasi libera. Anzi, più libera. Te e il rimorso e la causa del male tuo te e del male del mondo te e te giù ancora vogliolamamma vogliolamamma vogliolamamma. Questo sai dire. Questo pensare. Sei rovinata e sei una rovina hai preso il via sembra che l’hai sempre saputo a memoria il rovinare il ritornello te lo cantavi per lubrificare il benvenuta al parto, al party!, e accelleri freni e riprendi a rotolare, ferma fissa nel solco nella fossetta nella conchina, ti dovresti alzare da terra e vuoi solo la mamma. Sai quando fai questo. Io lo faccio appena, ogni volta che, mamma, ti avvicini a me.
Dimmi tutto!