Ci sarà un motivo se l’etimologia di Complimento viene da Compìre, ovvero non è un vero complimento se non si è portato a compimento, a termine, il discorso, intendendo più che volentieri e velenosamente il contrario. Di solito un’offesa, un giudizio una recriminazione, un’infamia. Te ne sei già andata da tanto, ma non sarebbe diverso questo parlare da sola se anche tu fossi a un passo da me. Rivendico il diritto di stare malissimo, signora mamma, per quanto tu schizzi la voce come una tarantola punta nella ghiandola dei nervi, e tu riempia di pianto e colpa ogni ricarica di respiro in cerca di grilletto giusto in me trovi un armeria a ingresso libero, una trappolandia di conigli che saltano fuori dal cilindro prima d’essere evocati, che si consegnano spontaneamente e si offrono volontari al mai ultimo show, la gloria privata che provi a inorridirti e silenziarmi come la cassandra capace addirittura di prendere un complimento per un’umiliazione.
Bignamino per pigri: sottospecie di figlia, non sei nemmeno capace di apprezzare ringraziare contentarti e gioire d’un mio insulto. (Non so scema non so scema non so scema. O forse scema sì, ma bischera no!)
Dimmi tutto!