Sei pèssimo, padre, dio. Lettere dalla bastiglia da non spedire mai.
Cinquecentomiliardidiossessioni imballate con la glassa ossida in quel cervello da cui mi discolpo, potendo, giuro, mi dissocerei e divergo! cervello che è una vetrina a rovescio, custodisce imbalsamata una vip di prim’ordine una VeryInguardabilePerdente (o a scelta /impensabile incredibile inimmaginabile irriducibile indegna insigne inguaribile insanabile inscongiurabile inarrivabile ineguagliabile Indecente) di mostruose fattezze, di intensità caricata al negativo, di sprezzo e cosparsa non più di lacrime, inutili piagnistei surrogati da sirene d’ambulanza, ma di sputi che non hanno bisogno della forza fisica o di potenza del getto perché ho da centrarmi addosso, e basta che colino.
Che la natura sia Leopardianamente beffarda, è palese quando assuefatta e vischiosa sento che con con l’intento di ripudiarmi e ferirmi e sdegnarmi e infèrire la gogna, quella sostanza di produzione locale, è perverso rimedio sfiammante, ciclica terapia del dolore.
E tu, tu pèssimo, creatore giostrante e bigliettaio tronfio del mostrolario, tu, padre, babbo, fai il carnefice e ti presenti come la vittima. Io ti aspetto, ricerco e temo, hai lo sguardo assassino del cane bastonato con la mosca al naso e il bastone il mano, hai lo sguardo del serpente che incanta l’incantatore.
Scusa, babbo.
Update 2021: Non lo penso più. Ti voglio bene.
Dimmi tutto!