Per lui sto cominciando a scalare la mia dose quotidiana di stronzaggine. Faccio ingelosire la suocera che è sempre con le antenne drizzate, la immagino con le webcam e le cimici piazzate ovunque negli angoli più strategici e compromettenti della casa, ogni volta che lui avvicina la sua bocca al mio collo squilla il telefono R. comincia la partita, vieni a casa! R. riportami l’imbuto che ti ho prestato! Gli porto il caffè la mattina, la focaccia di Recco ancora calda fatta da me, lui è ancora in ciabatte, bello, alto, l’unico che non è ridicolo quando saltella facendomi le feste e raccogliendomi gioiosamente in un abbraccio, il suo bacio sa di dentifricio alla menta e io so di fumo di sigaretta e caffè e di gocce di serotonina, prende due piatti di carta da single, vedo il contenuto dell’anta e mi faccio curiosa, mi fa annusare con una risatina isterica e sorniona l’ennesima miscela in foglie che gli ha regalato lei, quella roba stona e straripa accostata a lui, che razza di donna è una che riempie il proprio uomo di tisane diuretiche?? dà un morso alla mia focaccia morbida, pecoreccia, mugola che è salata come piace a lui, si sente il rumorio dei granelli di sale grosso che scricchiolano, sorride e gli sbucano le fossette sulle guance piene, io vorrei mordere quelle, dice che quando ci sono io lui è un uomo felice, che sarei una moglie amorevole e dolce e premurosa e poi stiamo lì a ridacchiare all’idea che sembra così lontana e impraticabile finché lui sovrappensiero mi dice amore stai attenta alla testa quando ti alzi e io sono una donna felice perché ho battuto la testa proprio mentre pronuncia la parola amore, che diventa un bernoccolo, ma non glielo dico, non subito perché potrebbe darmi per scontata, una certezza per amica, e invece niente è scontato, questa fortezza, questo amore sincero al punto di essere duro e roccioso me lo sto costruendo con le mie forze, con la forza della pazienza, disseminando con cura, astuzia e delicatezza gli indizi nel labirinto in cui tutte le strade portano a me, che ho le corna fiere di un minotauro. Tutte le altre non può che toccarle attraverso un vetro mentre con me lui sente la pelle viva. Gli chiedo ma quante siamo? Si mette a contare le dita e io rido. Io credo che siamo in due, anche se non riesce a dirlo. Lei sa di me? Mi fa capire che ehm, no, non proprio e io mi sento una privilegiata sapendo fino in fondo dell’altra e ho trecentomila punti in più di lei perché con me è sincero e con lei no. Lo so che bell’affare che ho fatto. Mi porge il cd di David Bowie e io gli insinuo come una pulce nell’orecchio la musica che accompagnava il nostro impeto violento e irrefrenabile verso la vita, e che dieci anni fa avrei nominato al gioco di se fossi, schizza adesso nel mio cervello e farebbe avvampare Proust, e poi da lontano mima di soffiare un bacio che si profonde nell’aria, mi giro e mi batto il cuore col pugno per trasmettere che è arrivato mentre sparisco dietro al cancello. Con lui sto diventando stoica, sono pacata, divertente, faccio e disfaccio la mia tela, imparo per la prima volta ad ascoltare. Con lui non sarò mai una vipera, io non sarò una a cui potrà rinfacciare, un giorno, di avergli rovinato la vita.
Dimmi tutto!