Ora mi sfogo un po’ delle solite cose noiose, ripassate più tardi, è il 23 febbraio e io posso ancora riscattarmi. Ammissione di onestà: non faccio altro che pensare che mi sento oltremodo ingolfata. Ne parlo, ne parlo, ne parlo, per rassicurarmi che va tutto bene, nessuno ne può più, hanno ragione. Però. Che palle. Posso lamentarmi di essermi ritrovata in un corpo che non riconosco più, che mi pizzica, che sbatte da tutte le parti perché non riesco a prendere le misure? Non mi stanno più i vestiti. La pelle tira. Sto seguendo alla lettera la dieta ingrassante del nutrizionista fino a stare male fisicamente per la nausea e mi trattengo con una volontà sovraumana che nessuno capisce, apprezza, neanche nota, devo trovare posizioni strategiche per non vomitare perché non voglio, non voglio, non voglio vomitare e non vomiterò cascasse il mondo, fregandomene del fatto che io sono già diventata grassa, nell’ultimo periodo avrò preso dieci chili dieci, so che non dovrebbe importarmene più niente arrivata a questo punto, con un trascorso così grave di anoressia nervosa che dovrebbe bastarmi per tutta la vita, e lo so che dovrei rivolgere i miei pensieri altrove ma dove, la famiglia, gli amici, la sorella, il lavoro, sono tutte idee platoniche che si sfaldano a contatto con l’aria e che non corrispondono alla realtà che mi circonda, di cui mi sono circondata, una vita forse ancora fatta di niente, per sminuirla con parole del babbo, di passeggiate solitarie col cane, di nuoto libero e di maniacale pulizia della casa, di appuntamenti dai dottori, di colloqui nervosi e richieste snervanti, di gelosie infantili e di ricerche spasmodiche di dimostrazioni d’affetto, e tanti, troppi pensieri al corpo, mio vecchio campo di battaglie, mio specchio e manifesto, a quanto il corpo abbia sempre rispecchiato l’aridità dei sentimenti che volevo provare, come una volpe che parla male dell’uva quando non riesce a saltare abbastanza in alto per raggiungerla. Ma in realtà la desidera tanto, quell’uva succosa, per quanto possa convincere se stessa di disprezzarla. Ha ragione mio padre, sono diventata anche nello spirito un’invalida. Ora fine dell’ammissione di onestà, di pessimismo cosmico, si sintonizza un altro canale e riformulazione positiva del pensiero, si chiede aiuto, buttarmi giù perché non sono una donna realizzata non mi servirà a niente, penso in modo costruttivo che posso andare bene così, che non sono poi così frustrata e depressa come voglio far credere, essere viva, essere fuori da un reparto psichiatrico, essere sana, avere due gambe due braccia avere una casa, un cane, essere di indole coccolona e dolce, incantarsi di fronte alla neve, scrivere un blog che ha i suoi pochi lettori, sapere di dare speranza a qualcuno con le mie parole, essere uscita da un anno di psichiatria coatta, di lacci e legami nefasti con il letto, annodare i capelli lunghi e rigenerati, occhieggiare di nuovo agli uomini e stare simpatica nello stesso tempo alle donne, collaborare, cucinare, chiacchierare, aprire il mio cuore, andare al cinema, commuoversi per una canzone, avere i muscoli polposi per scatenarmi a ritmo dei beatles, mangiarmi una doppia fetta di castagnaccio, immaginare e progettare il mio futuro, un altro viaggio a New York, essere ironica, brillante, una nocciolina tostata in forno, pepata e salata, tutto questo mi costa esistere e recuperare peso e dignità e con analisi e contro analisi, piano piano scoprire e accettare di essere golosa di vita, di non essermi poi così allergica, e di creare dipendenza. Grazie, mamma e babbo, per avermi dato il la. Update: mi ha appena chiamato la mia ex compagna di stanza dell’ospedale, sta bene, è sempre in comunità, quindi vuol dire che sta bene, se non è mai tornata in psichiatria, è stata una seconda sorella, mi accudiva e controllava, lei, che doveva essere controllata a vista, pur nel suo truce silenzio, io sono così contenta che sia ancora lassù, lontana da me, in mezzo alle mimose.
Dimmi tutto!