Giovane e tenero virgulto
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L’aveva chiamata dopo tre anni dall’ultima volta. La bimba era malata, e lei non era più giovane e tenera e con la schiena flessibile come prima, ma per fortuna che era giorno, pensò amaramente mentre rimetteva a posto con lentezza ma doviziosa cura tutta la camera, da cima a fondo, al lume d’una grossa candela avanzata tra quelle di natale, che la nipote aveva lasciato buttata all’aria, svegliata in ritardo dal blackout che aveva manomesso tutte le sveglie della casa, per correre a far colazione con suo padre e poi precipitarsi, avvolta nel suo cappottino rosso e incappucciata come una piccola, graziosa, befana, fuori dalla porta nel vialetto spazzato dalla neve la sera prima e sparire in macchina scricchiolando in una scia di gas metano. Tirò su le lenzuola e tolse la coperta, l’annusò, era ancora pulita e profumata di lavanda e di notte, la sbatté all’aria quando aprì la finestra l’aria pungente le attecchì al naso facendola starnutire più volte di seguito, dette tempo al nevischio per cinque minuti di entrare e poggiarsi sulla mensola che copriva il calorifero, poi decise che l’aria era già abbastanza cambiata e con uno scatto girò la maniglia dei vetri dietro di lei. Sistemò i peluche uno accanto all’altro dal lato del muro della stanzetta e ripiegò il pigiamino a pecorelle che la piccola indossava da qualche giorno ininterrottamente, essendosi presa una brutta forma influenzale per cui avevano dovuto chiamare la nonna ad accudirla, mentre il padre erano al lavoro. Si saziò del silenzio della casa e spazzò il parquet, riordinò i libri-giocattolo nella libreria e negli scatoloni di plastica colorata, strofinò la scrivania sporca di grafite e pastelli a cera e pareggiò i fogli dei disegni racchiudendoli in un raccoglitore disseminato di iris gialli e bacche di mirtillo viola. Un album che era appartenuto alla madre, che nn c’era più e che non era morta ma si era liberata in un colpo di padre e figlia, e che le aveva regalato per raccogliere i suoi innumerevoli acquerelli del mare da quale non poteva stare lontana, aveva detto sommessamente, quando aveva chiuso la porta con cura e non si era mai voltata indietro a guardare chi rimaneva. Sua nipote era quindi per lei una sconosciuta, figlia del genero e sempre tenuta a distanza di sicurezza da ogni parentela del ramo materno. La piccola non era ancora molto cresciuta, ma il padre le aveva comprato ugualmente un letto quindi si dovette chinare e rigirare più volte su se stessa per rasettarlo, un letto grande per quando si sarebbe allungata verso l’altro e, come lei sperava, sebbene non le importasse poi molto, verso il largo, per assomigliare in qualcosa alla madre visto che non poteva avere il suo affetto sperava che assumesse quantomeno le sue floride sembianze e la vitalità di virgulto che non si sarebbe mai piegato a nessun compromesso. Ma le sue gambine come due stecchetti da denti che sgambettavano veloci fuori e dentro dal giardino inseguendo la gatta persiana costata un occhio della testa, uno dei tanti regali che, in mancanza di una madre, il padre cercava di far apparire come i migliori surrogati, e lei, ora, considerata non più del gatto se non quando ci si aspettava da lei una casa immacolata, si sentiva il peggiore di questi. Le vacanze di Natale erano appena cominciate, e il blackout ritmava un tempo sospeso di apertura e concessione all’intimità, forse vedendola tornare come non aveva fatto sua figlia, avrebbe piano piano voluto conoscerla.

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3 risposte a “Giovane e tenero virgulto
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  1. Avatar Lucio Gialloreti

    Bellissimo racconto, cara Elisabetta, soprattutto nella descrizione e nei dettagli…ricordi della infanzia.?Dolce sera con un abbraccio!

    1. Avatar elisabettapendola

      dolcenotte Lucio!

  2. Avatar ゚・❤ EleOnora ❤・゚

    gioia bella….
    6 un tesoro 🙂
    bacione innevato 🙂

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