Il regalo
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Aveva appena finito di fare la doccia col nuovo bagnoschiuma all’uvafragola, quando suonò il campanello di casa, e, ancora in accappatoio e con i capelli grondanti, si fiondò ad aprire incrociando le dita, il pacco regalo del suo primo uomo avrebbe dovuto esser recapitato proprio quel giorno d’ottobre, e lei non stava più nella pelle, era tutta la mattinata che tra alti e bassi d’umore, stava aspettando in preda a una leggera ansia di non essere presente al momento fatidico della consegna, aveva addirittura avvertito la Gemma di rispondere al citofono, quella volta soltanto, se lei fosse uscita per il pranzo con il babbo, e di firmare lei stessa qualora arrivasse mentre faceva le pulizie, e invece non era arrivato, lei era tornata a casa accaldata e si era buttata nella doccia ripromettendosi di vestirsi un po’ più elegante per la sera, rispetto a come era vestita di mattina, jeans e maglioncino grigio e scarpe da ginnastica, si era preparata sul letto l’abitino anni 60 di lana e gli scarponcini a stivaletto per andare a teatro, e la mantellina viola che non andava più di moda ma era un ricordo caldo di quand’era all’ospedale e rabbrividiva nella saletta scura e fumosa della televisione, e non l’avrebbe buttata via per nulla al mondo, era l’unica cosa che non potesse starle piccola visto che all’ospedale se la metteva sopra quattro strati di maglioni e ora le andava perfetta con solo il vestitino addosso. Pacco dono! Aveva detto il corriere quando poggiò nelle sue mani l’involucro di cartone firmato Amazon che conteneva i due preziosi libri di cucina macrobiotica che aveva scelto come lettura presente e una possibile futura applicazione e sperimentazione su se stessa. Aveva mangiato schifezze a pranzo, lo sapeva, pesce e altre cose animali, le poteva quasi percepire che mugolavano stridule nello stomaco come tante anime di capre morte alla dissepoltura, pensò al suo cane sfilettato in un vassoio, e inorridì, un giorno avrebbe cambiato stile di vita, avrebbe anche smesso di fumare e bere caffè, forse, non oggi certo, ma quando sarebbe stata sana del tutto allora avrebbe potuto scegliere. Anche di andare a vivere da sola, senza la scocciatura di dover amare così tanto e così violentemente suo padre, senza una donna delle pulizie che le facilitasse l’indolenza, con il suo ritmo e regolarità non imposto dalla fanaticità di suo padre, coi loro insegnamenti e consigli certo, ma anche con la libertà di stare alle regole perché lo voleva fortemente lei, essere sana, viva, sobria, responsabile, come oggi anche domani e non perché lo decidesse lo psichiatra, il babbo, la mamma, il controllore sull’autobus, la legge, voleva sentirsi un entità singola, desiderosa d’amore ma non sempre così bisognosa d’aiuto per vivere e amare. Prese in mano uno dei due grossi tomi preziosi, lo liberò dal cellophane, si asciugò in fretta i capelli, si infilò il vestitino e gli stivaletti, chiuse le tende, accese il lumicino arancione della scrivania, si munì di matita e gomma e blocco per gli appunti, staccò il telefono, maneggiò per qualche istante i due volumi insieme, scrisse velocemente due righe per il diario giornaliero per lo psichiatra, respirò forte il suo odore di uva fragola, quindi partì per il suo viaggio medicamentoso ed enciclopedico attraverso gli infusi, le radici, e le spezie.

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Una risposta a “Il regalo
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  1. Avatar Milla

    Dandy sei una bonazza! Davvero!
    Un bacetto

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